I Campioni del mondo di scacchi

Carlsen al London Chess Classic 2019
(foto dell’autore)

AGGIORNATO il 10 dicembre 2021

Si è giocato a Dubai dal 26 novembre al 10 dicembre il match di Campionato del Mondo assoluto 2021, al meglio di 14 partite, tra il norvegese Magnus Carlsen, detentore del titolo e 16° Campione del Mondo della storia, e lo sfidante, il russo Ian Nepomniachtchi, spesso chiamato semplicemente Nepo. Carlsen si è aggiudicato il match per 7½ a 3½ (4 vinte, 7 patte e nessuna persa), mantendendo così la corona mondiale.

Per maggiori info leggi il nostro report completo sul Mondiale 2021:

Campionato del mondo di scacchi 2021, Carlsen vs Nepomniachtchi: Carlsen si conferma campione del mondo!

Zukertort e Steinitz nel match del 1886
(da https://it.wikipedia.org/wiki/Wilhelm_Steinitz)

La sfida per contendersi il titolo di migliore al mondo in un match individuale di più partite ha da sempre un posto speciale nella storia e nella cultura, e sempre ha affascinato l’immaginario collettivo. Il primo che si è potuto fregiare ufficialmente del titolo di Campione del Mondo è stato l’austriaco naturalizzato statunitense Wilhelm Steinitz. Nel 1886 Steinitz, che già da vent’anni veniva da molti considerato il giocatore più forte del mondo, affrontò e batté in un match il suo acerrimo rivale Johannes Zuckertor, che pure ambiva a essere riconosciuto come il migliore. Il match, giocato fino al raggiungimento di 10 vittorie da parte di uno dei contendenti, risolse definitivamente la questione e Steinitz poté, a buon diritto e questa volta ufficialmente, cingersi il capo con la corona mondiale.

Da quando, a partire dall’inizio del Cinquecento, si sono affermate in tutti i paesi le regole moderne degli scacchi, conferendo così una dimensione internazionale al gioco, e grazie anche alle accresciute possibilità per gli scacchisti di viaggiare per affrontare altri forti maestri, ci sono sempre stati dei giocatori che venivano riguardati, sebbene non ufficialmente, come i più forti del momento. Fu così nel Cinquecento per lo spagnolo Ruy López de Segura e per gli italiani Leonardo Di Bona e Paolo Boi, e nel Seicento ancora per gli italiani Alessandro Salvio e Gioacchino Greco; in seguito, per più di un secolo, dal 1730 al 1840, fu la scuola francese a primeggiare, con nomi come Legal, Philidor, Deschapelles, La Bourdonnais. Nell’Ottocento il ruolo ufficioso di numero uno fu quindi assunto in sequenza dall’inglese Staunton, dal prussiano Anderssen, dall’americano Morphy e infine, appunto, da Steinitz.

Lasker nella sua casa di Berlino nel 1933
(By Bundesarchiv, Bild 102-14194 / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de,
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5481303)

Mettere in palio il titolo, quando, contro chi, in che termini e con quali finanziamenti, rimase sostanzialmente una questione privata nelle mani del Campione in carica, da Steinitz in poi fino alle fine del secondo conflitto mondiale. Anche la nascita della FIDE, la Federazione Scacchistica Internazionale fondata il 20 luglio 1924 a Parigi (per questa ragione il 20 luglio di ogni anno si festeggia la Giornata Mondiale degli Scacchi), non poté inizialmente modificare questa situazione. L’ormai 58-enne Steinitz perse il titolo nel 1894 a favore del tedesco Emauel Lasker, matematico e filosofo oltre che scacchista.

Il regno del 2° Campione del Mondo doveva rivelarsi il più lungo della storia, una durata tuttora ineguagliata: solo dopo ben 27 anni e diverse difese del titolo, nel 1921 all’Avana la corona fu ceduta al cubano José Raúl Capablanca, ex bambino prodigio e figura di grande fascino con un’aura di giocatore quasi imbattibile. Da non perdere il cortometraggio muto “La febbre degli scacchi”, girato nel 1925 in occasione del grande torneo internazionale di Mosca, in cui Capablanca fa la parte di se stesso:

Alekhine durante una simultanea a Berlino nel 1930
(Von Bundesarchiv, Bild 102-10524 / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de,
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5414959)

Eppure, contro tutte le aspettative, solo sei anni dopo Capablanca perse a Buenos Aires un leggendario match alle 6 vittorie contro il russo naturalizzato francese Alexander Alekhine. Con un punteggio a favore di quest’ultimo di 5 vittorie a 3 e 25 patte, la trentaquattresima e ultima partita del match venne aggiornata per essere ripresa il giorno successivo in una posizione in cui Alehkine, con i pezzi bianchi, aveva Re, Torre e due pedoni, contro Re e Torre del 3° Campione del Mondo. Ma il 29 novembre 1927, riconoscendo l’impossibilità di evitare la sesta sconfitta, Capablanca non si presentò alla ripresa della partita, inviando invece al suo avversario una lettera in francese nella quale dichiarava di abbandonare e concludeva: “Vous êtes donc le Champion du Monde et je Vous félicite pour votre succès“.

Euwe (seduto a sinistra) nel 1935
(da https://en.wikipedia.org/wiki/Max_Euwe)

Il 4° Campione del Mondo evitò in tutti i modi di concedere una rivincita al campione cubano. Nella finzione letteraria del suo romazo “La rivincita di Capablanca” Fabio Stassi con un’ingegnosa idea immagina che una rivincita, seppure indiretta, ci sia stata. Nella realtà storica, dopo quello vittorioso contro il russo Efim Bogoljubov Alekhine giocò invece altri due match con il titolo in palio contro l’olandese Max Euwe. Ancora una volta del tutto sorprendentemente, Euwe batté Alekhine nel match del 1935, divenendo così il 5° Campione del Mondo, ma ne fu sconfitto due anni dopo in un secondo match. Con la corona mondiale tornata sul capo di Alekhine si ripropose la questione di un secondo match contro Capablanca, ma di nuovo Alekhine svicolò, finché lo scoppio della Seconda guerra mondiale pose fine a ogni possibilità.

Botvinnik nel 1969
(Par Koch, Eric / Anefo — [1] Dutch National Archives, The Hague, Fotocollectie Algemeen Nederlands Persbureau (ANEFO), 1945-1989, Nummer toegang 2.24.01.05 Bestanddeelnummer 922-0140, CC BY-SA 3.0 nl,
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20599050)

Finita la guerra, il 1946 segnò da diversi punti di vista una svolta nella storia del Campionato del Mondo. Mentre erano in corso trattative per un suo possibile match mondiale contro Mikhail Botvinnik (Capablanca era morto nel 1942), il 24 marzo di quell’anno il 53-enne Alekhine morì in circostanze misteriose, mirabilmente dipinte da Paolo Maurensig nel suo romanzo “Teoria delle ombre”, a Estoril in Portogallo, nella stanza d’albergo in cui risiedeva. Si tratta dell’unico caso della storia in cui il Campione in carica si è portato il titolo nella tomba.

La FIDE decise allora di designare il nuovo Campione del Mondo mediante un torneo con quintuplo girone all’italiana tra i cinque giocatori ritenuti più forti all’epoca: oltre all’ex Campione Euwe nel novero entrarono l’americano Samuel Reshevsky (anche lui ex bambino prodigio) e i tre sovietici Mikhail Botvinnik, Vasily Smyslov e Paul Keres. Il torneo, giocato all’Aia e a Mosca nel 1948, vide la netta vittoria (con 14 punti su 25) di Mikhail Botvinnik, che in tal modo si consacrò 6° Campione del Mondo. Da questo momento la FIDE prese saldamente le redini del Campionato del Mondo, stabilendo i cicli di competizioni (triennali, oggi sono biennali) che dovevano designare lo sfidante, le condizioni del match, gli sponsors, la borsa in palio e quant’altro. Contemporaneamente, la scuola scacchistica sovietica, efficiente macchina collettiva sostenuta dallo Stato, iniziò il suo lungo dominio al vertice degli scacchi mondiali.

Smyslov (a destra) durante il match contro Botvinnik nel 1957
(da https://en.wikipedia.org/wiki/Vasily_Smyslov)
Fischer-Tal alle Olimpiadi di Lipsia 1960
(Von Bundesarchiv, Bild 183-76052-0335 / Kohls, Ulrich / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de,
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5665206)
Petrosian (in piedi a destra) nel 1961
(By GFHund – Own work, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10041316)

La FIDE però inserì una regola controversa: in caso di sconfitta il Campione del Mondo in carica aveva diritto alla rivincita un anno dopo. Fu così che Botvinnik perse la corona contro Vasily Smyslov nel 1957 e la riguadagnò nel 1958. Lo stesso avvene contro il “Mago di Riga”, il grande genio combinativo Mikhail Tal: sconfitto nel 1960, Botvinnik si prese la rivincita nel 1961. Perciò, il 7° e l’8° Campione del Mondo rimasero in carica solo un anno; ciononostante, lasciarono il loro segno indelebile nella storia degli scacchi, specialmente Tal che con il suo stile di gioco infiammava gli animi. Quando infine Botvinnik nel 1963 perse ancora il titolo a favore di Tigran Petrosian, celebre per il suo granitico gioco difensivo, la contestata e illogica regola della rivincita era stata abolita. Botvinnik allora si ritirò dalle competizioni.

Tutti sovietici i Campioni del Mondo da Botvinnik in avanti, com match mondiali giocati sempre a Mosca, al meglio delle 24 partite. Pure a Mosca e con le stesse regole si giocarono due match per il titolo tra il 9° Campione del Mondo e lo sfidante Boris Spassky. Spassy perse la prima sfida nel 1966, ma si riqualificò e vinse nel 1969, laureandosi 10° Campione del Mondo, quinto sovietico del dopoguerra.

Fu il ciclone Bobby Fischer a scuotere alle fondamenta il predominio sovietico. In piena guerra fredda, con un’aspra lotta in corso tra le superpotenze per la supremazia in tutti campi, l’Unione Sovietica si vide sfidata proprio da un americano. Il match del secolo, come giustamente fu chiamato il Campionato del Mondo Fischer-Spassky giocato a Reykjavik nel 1972, ebbe un’enorme risonanza sui media di tutto il mondo e diffuse l’interesse per il gioco degli scacchi a un livello mai visto prima e che è rimasto ineguagliato fino a oggi.

Nel nostro Paese, in particolare, ci fu un enorme boom scacchistico che nella percezione collettiva fece uscire il gioco dalla cantina polverosa dov’era relegato, dando l’avvio alla fondazione di molti circoli e a un fiorire di manifestazioni affollate di partecipanti.

Parte del grande interesse profuso a tutti i livelli nel match era dovuta anche alla particolare personalità di Fischer, alle sue stranezze e alle sue bizze. Nonché ai suoi straordinari risultati: nei match dei Candidati ad eliminazione diretta per la qualificazione al mondiale, Fischer aveva letteralmente stracciato, per 6 a 0, prima il sovietico Mark Taimanov e poi il ben più forte Bent Larsen. Prima di questa rovinosa sconfitta, il danese contendeva a Fischer il ruolo di miglior giocatore non sovietico; anzi, nella celeberrima sfida Unione Sovietica – Resto del Mondo giocata nel 1970 e vinta dai sovietici, sebbene di misura, Fischer dovette giocare in seconda scacchiera, lasciando la prima appunto a Larsen. Se a Fischer non riuscì l’impresa di fare il “cappotto” anche a Petrosian, terzo e ultimo ostacolo nella sua corsa al match mondiale, tuttavia la vittoria dell’americano sull’ex Campione fu decisamente netta.

Pur perdendo la prima partita sulla scacchiera e la seconda a forfait per una diatriba sulla presenza delle telecamere, Fischer vinse il match del secolo in assoluta scioltezza. Spassky non si presentò alla ripresa dell’ultima partita dopo l’aggiornamento; il 1 settembre 1972 l’arbitro Lothar Schmid annunciò che Spassky lo aveva informato per telefono della sua decisione di abbandonare la partita. Fischer raggiungeva così 12 punti e mezzo e conquistava il titolo mondiale. Un incubo per i sovietici: l’11° Campione del Mondo era un americano, che li aveva battuti in quello che sentivano come il “loro” gioco.

Alla scuola sovietica non restava che puntare tutto sulla successiva sfida, prevista per il 1975, e sul loro asso nella manica del momento: Anatoly Karpov, possente giocatore che persino Fischer esplicitamente temeva. Karpov si qualificò, ma il match non ebbe luogo. Fischer avanzò ogni sorta di bizzarre richieste minacciando di ritirarsi, ma lo aveva fatto anche per il match con Spassky e alla fine però aveva giocato. Invece nel 1975 si ebbe un altro unicum della storia: Karpov divenne il 12° Campione del Mondo senza giocare, perché Fischer definitivamente si rifiutò.

Karpov difese poi il suo titolo due volte (nel 1978 nella Filippine e nel 1981 in Italia, a Merano) contro il “Terribile” Viktor Korchnoi, fuoruscito sovietico. Fischer invece non giocò più in competizione, con l’eccezione di una sorta di match commemorativo contro Spassky vent’anni dopo quello del suo trionfo.

Kasparov a Milano nel 2008
(foto dell’autore)

Sicuramente il 13° Campione del Mondo, l'”Orco di Baku” Garry Kasparov, è uno dei nomi più noti del mondo degli scacchi anche presso i non scacchisti. Considerato da molti il più forte giocatore di tutti i tempi (primato che molti altri assegnano all’attuale Campione Magnus Carlsen, ma anche Karpov e Fischer hanno i loro fans su questo punto), a Kasparov sono legati tre episodi di grande rilevanza.

In primo luogo, l’interruzione d’ufficio da parte dell’allora Presidente della FIDE Campomanes del suo primo match contro Karpov nel 1984. Il match, previsto fino alle 6 vittorie, fu giudicato troppo logorante per la salute dei contendenti, e venne rimpiazzato da un altro match l’anno successivo che vide il ritorno al sistema delle 24 partite complessive. L’accesa rivalità tra i due giganti sovietici si estrinsecò in una snervante sfida protrattasi per ben cinque match mondiali: Kasparov conquistò il titolo nel match del 1985 e poi lo difese sempre contro Karpov nel 1986, 1987 e 1990.

In secondo luogo (non in ordine cronologico), la sconfitta di Kasparov in un regolare match contro il computer dellIBM Deep Blue nel 1997. Sicuramente un punto di svolta nel secolare confronto tra uomo e macchina e un risultato di grandissimo richiamo mediatico; con il senno di poi torna però alla mente un lapidario commento (addirittura precedente) del linguista e filosofo Noam Chomsky:

Un computer che batte un Grande Maestro a scacchi desta lo stesso interesse di un bulldozer che vince una gara di sollevamento pesi.

In terzo luogo, fu Kasparov a operare uno scisma in seno alla FIDE, fondando una sua propria Associazione. Nel 1993, quando da qualche anno l’Unione Sovietica non esisteva più, il russo Campione in carica Garry Kasparov e lo sfidante designato, l’inglese Nigel Short, decisero infatti di gestire in proprio il match mondiale, come si faceva prima della guerra.

Kramnik (in piedi al centro) alle Olimpiadi di Dresda 2008
(foto dell’autore)
Anand (seduto a sinistra con gli occhiali) alle Olimpiadi di Torino 2006
(foto dell’autore)

Dal 1993 al 2006 si ebbe un periodo confuso, con due titoli e due cicli paralleli di Campionato del Mondo, aggravato dal fatto che la FIDE da parte sua passò dal tradizionale e prestigioso match individuale alla meno qualificante assegnazione del titolo tramite tornei a eliminazione diretta. Il deleterio interregno si concluse grazie a un match di “riunificazione” giocato nel 2006 tra il russo Vladimir Kramnik (che aveva battuto Kasparov in un match nel 2000) e il bulgaro Vesselin Topalov e poi al match del 2008 tra lo stesso Kramnik e l’indiano Viswanathan Anand. La FIDE tornò a gestire in esclusiva il Campionato del Mondo e soprattutto restituì al titolo legittimazione e credibilità tornando alla formula del match individuale; pertanto Kramnik e Anand, vincitori rispettivamente del match del 2006 e di quello del 2008, passarono alla storia come 14° e 15° Campione del Mondo universamente riconosciuti.

Judit Polgar (a sinistra) nella sala commento del Campionato del Mondo Carlsen-Caruana, Londra 2018
(foto dell’autore)

Arriviamo così a Magnus Carlsen, il “Mozart degli scacchi”, dal 2013 non solo Campione del Mondo indiscusso e indiscutibile, ma anche giocatore che si colloca una spanna sopra tutti gli altri. In quell’anno, a Chennai, Carlsen si incoronò Campione battendo Anand. Da allora ha difeso quattro volte il suo titolo: oltre che contro Nepo nel 2021, ancora contro Anand a Sochi nel 2014, contro il russo Sergey Karjakin a New York nel 2016 e poi contro l’americano (o italo-americano) Fabiano Caruana a Londra nel 2018. Ho avuto il grande piacere e privilegio di assistere di persona a una della partite del mondiale 2018. Un’esperienza unica, esaltante ed emozionante, quella di immergersi nell’atmosfera magica e ricca di storia di un match per il titolo mondiale del gioco più bello del mondo.

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